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COS’È UN’AUTOCLAVE E COME FUNZIONA?

 

In questo articolo individueremo quali sono le diverse tipologie di autoclave e le loro caratteristiche.

  

Come ampiamente discusso nelle norme e nei numerosi articoli scientifici disponibili, l’ottenimento della sterilità di un dato oggetto dipende necessariamente da un intero ciclo di procedure, ognuna importante al pari delle altre. La sterilizzazione in autoclave rappresenta solamente l’ultimo anello delle pratiche che devono essere messe in atto per ottenere la sterilità; a precedere questo trattamento sono infatti necessarie anche la decontaminazione, un’accurata pulizia e la disinfezione.

Ma perché dopo la pulizia e la disinfezione si rende ancora necessario procedere alla sterilizzazione in autoclave?   

I microorganismi, le spore e gli agenti patogeni talvolta riescono a sopravvivere anche in condizioni estremamente sfavorevoli e la sola presenza di una minima quantità di umidità e nutrienti potrebbe consentirne la sopravvivenza e la proliferazione. L’unico mezzo per eliminare totalmente ogni possibile rischio è rappresentato dal CALORE.

Il vapore rappresenta l'agente attraverso il quale il calore umido attacca i microrganismi provocandone la coagulazione e la morte.  Il ruolo del calore è cruciale perché consente di denaturare le proteine nei microorganismi; in altre parole, ne distrugge un elemento fondamentale impedendone la sopravvivenza.

 

  

  

COS’È UN’AUTOCLAVE E COME FUNZIONA?

   

Le prime apparecchiature risalgono alla fine dell’800 e in pratica funzionavano in maniera molto simile a quella di una pentola a pressione. Esattamente come in queste ultime, l’autoclave sfrutta la combinazione di alta pressione e vapore per trasferire calore agli oggetti posti al suo interno.

Le apparecchiature odierne hanno subito un’evoluzione costante nel tempo, rispondendo all’evoluzione della scienza e ai bisogni che ne sono sopraggiunti; ad oggi non parliamo più di semplici apparecchiature meccaniche ma di sofisticate macchine completamente computerizzate che sono in grado di sterilizzare materiali solidi, liquidi, fluidi, rifiuti, materiali cavi e porosi.  

Senza dimenticare le possibili implicazioni nel mondo dell’industria chimica: vulcanizzare la gomma, polimerizzare rivestimenti o sintetizzare cristalli, come nella coltivazione del quarzo sintetico e delle gemme.

  

Ma come si realizza un ciclo di sterilizzazione in autoclave?

  

Possiamo definire alcune fasi fondamentali, tenendo sempre in considerazione che le modalità possono variare in base al tipo di carico (solidi, cavi, liquidi ecc…) a anche in base alla quantità di prodotto da sterilizzare.

  

Fase 1

L’acqua viene riscaldata e portata ad ebollizione. Il vapore caldo penetra nella camera di sterilizzazione e l’aria contenuta viene rimossa. Normalmente questo avviene con l’ausilio di una pompa o di un eiettore, ma nelle autoclavi più piccole (classe N) è possibile che l’aria venga espulsa anche tramite spostamento di gravità. Nelle autoclavi di classe B invece il vuoto viene realizzato grazie all’apposita pompa in tre momenti consecutivi: con la prima aspirazione si arriva ad eliminare il 90% di aria contaminata, con la seconda aspirazione si elimina il 90% dell’aria rimasta e lo stesso si ripete anche nella terza aspirazione, ottenendo di fatto l’eliminazione del 99.9% totale di aria contaminata.

 

Fase 2

Una volta espulsa l’aria si procede chiudendo la valvola di scarico e aggiungendo ulteriore vapore. Questo produrrà un innalzamento della pressione e anche della temperatura. Per l’efficacia della sterilizzazione questa deve raggiungere 134° (o 121° in caso di carichi delicati). Una volta stabilizzati questi parametri inizia il tempo di sterilizzazione effettivo, che può avere una durata che va dai 3 ai 20 minuti e rappresenta di fatto il momento dell’ottenimento della sterilizzazione.

 

Fase 3

A sterilizzazione completata si procede aprendo la valvola di scarico e rilasciando il vapore. In questo modo caleranno sia la pressione che il calore. Questa è la fase dedicata all’asciugatura e al raffreddamento. Anche in questo caso le procedure possono variare nettamente in base al carico (in particolare per i liquidi) e alle caratteristiche dell’autoclave.

  

Le autoclavi di suddividono in tre categorie:

  • Classe N
  • Classe B
  • Classe S

Autoclavi di classe N:

Sono autoclavi a spostamento di gravità e normalmente sono di piccole dimensioni.

N sta per Naked solid products, significa che questa autoclave non è in grado di far penetrare il vapore all’interno di corpi cavi o porosi, pertanto può sterilizzare tutto ad eccezione di materiali e strumenti con queste caratteristiche. Inoltre non è idonea nemmeno alla sterilizzazione di prodotti imbustati.

 

Autoclavi di classe B:

Questa classe di sterilizzatrici è quella che viene normalmente impiegata in ambito sanitario, garantisce infatti la sterilizzazione di qualunque tipo di carico: oggetti o strumenti con corpi cavi, materiali porosi, tessili e strumenti imbustati.

Queste autoclavi sono dotate di una pompa che consente di realizzare il vuoto all’interno della camera in tre momenti consecutivi. La depressione che si realizza all’interno della stessa consente al vapore di penetrare efficacemente all’interno delle cavità e nelle porosità, garantendo il contatto del vapore su ogni minima superficie.  Le caratteristiche di queste sterilizzatrici sono determinate dalla normativa EN 13060.

B sta per Big small sterilizers, letteralmente piccole ma grandi.

 

Autoclavi di classe S:

Queste autoclavi hanno caratteristiche che le rendono un ibrido tra le due precedenti categorie di sterilizzatrici. Sono dotate di una pompa ma non realizzano il vuoto frazionato (in tre momenti consecutivi) come nelle autoclavi di classe B, quindi sono inadatte a trattare carichi con corpi cavi e porosi.

La pompa in queste sterilizzatrici ha per lo più lo scopo di rendere maggiormente efficiente l’asciugatura: a sterilizzazione ultimata, una volta scaricato il vapore tramite l’apposita valvola la pompa aspira l’aria nella camera, creando una depressione che favorisce l’evaporazione anche a temperature più basse e più rapidamente.

Non realizzando il vuoto frazionato non sono idonee all’utilizzo in ambito sanitario e le loro caratteristiche non sono pertanto identificabili in alcuna norma.

 

Se sei interessato consulta anche l'articolo sul blog che tratta il tema della sterilizzazione.

 


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